venerdì 10 novembre 2017

Ma vuoi mettere un bel vaffanculo?

Leggo i post e i commenti di molti compagni che plaudono all'eclatante iniziativa dei giovani dei collettivi studenteschi e dei centri sociali che hanno interdetto a D'Alema e alla Camusso l'agibilità di un'aula all'università Federico II di Napoli, e vorrei esprimere alcune valutazioni in proposito

Vorrei, preliminarmente, chiarire che personalmente ritengo D'Alema uno dei principali affossatori dell'esperienza socialista, in senso lato, nella storia italiana, e certo la sua attuale funzione antirenziana non riesce a farmi dimenticare i numerosi, esiziali e marchiani errori compiuti, soprattutto alla luce del fatto che la sua offensiva è volta principalmente alla restaurazione di una formula politica, quella del centrosinistra, che è alla base dell'azzeramento del contrasto al disegno strategico del neoliberismo nel nostro paese.

D'Alema è persona intelligente, ma non è certo uno statista. La sua è la logica correntizia di chi è uso tirare coltellate nei corridoi tra le stanze della sede del partito, con una visione autoreferenziale che vede nella realtà del paese, con il relativo carico di sofferenze e marginalità, solo il necessario presupposto alla sua dimensione di attore politico.

Non sono tenero neanche con la Camusso e con la sua sostanziale, e fatalmente sospetta, inanità di fronte alla controrivoluzione liberista, propiziata dal disastro finanziario del 2008, varata da Monti, ma poi confermata dai governi PD succedutisi.
Non posso essere ben disposto nei suoi confronti anche perché, essendo tesserato CGIL da 41 anni, ed essendo stato membro del comitato degli iscritti della mia SAS per 36, conosco molto bene la deriva che ha afflitto quel sindacato e la sostanziale abdicazione di cui si è reso responsabile.

Se, dunque, fossi stato a Napoli il giorno del convegno, sarei stato impaziente di presenziarvi, in forma organizzata, per contestare a Camusso e D'Alema i loro errori strategici, e chiedere con quale credibilità possano ritenere di essere i giusti artefici di una ricostruzione della sinistra, cosa intendano in realtà quando ne parlano e, alla fine, inchiodarli alle loro specifiche, e gravi responsabilità.

Ma lo avrei fatto all'interno di un dibattito, che avrebbe dovuto essere certamente imposto, dato che il copione del convegno era già scritto, dando a quei due interlocutori lo spazio per esprimersi, confidando tra l'altro che ciò sarebbe andato a loro svantaggio, data l'assoluta evidenza dei loro errori.

Lo avrei fatto presentandomi in modo da non offrire il destro per essere fermato all'ingresso, perché il mio scopo non sarebbe stato quello di alimentare una lettura antagonista marginalizzata, una sorta di vittimismo agito per supplire all'irrilevanza mediatica e, sospetto, alla povertà dottrinaria sottostante, bensì la creazione di un momento di confronto in grado di far scaturire un contrasto dialettico.
Il mio scopo sarebbe stato di dimostrare l'esistenza di un'alternativa al revisionismo dei diversamente PD, un'opzione propositiva e non angustamente interdittiva, abbastanza vitale da andare oltre la dimensione meramente movimentista, seppure in divenire.

Lo avrei fatto tenendo in gran conto i valori di agibilità democratica per i quali i nostri padri, e i nonni di molti degli intervenuti, hanno tanto penato, pagando con la morte e con feroci ferite, nel corpo e nell'animo, perché certi trattamenti dovrebbero essere riservati al solo fasciume che distribuisce testate alla vigliacca ed esibisce labari e saluti romani senza più contrasto, a quel fascismo che riduce la dialettica solo al confronto fisico e sopprime le idee in quanto cascami inutili e costitutivamente sovversive.

Quello che è avvenuto dimostra prima di tutto l'irrilevanza operativa di chi lo ha promosso, e la propensione ad agire secondo una prassi di stampo rozzamente populista, non differente dalla pratica grossolana del vaffanculo militante, un metodo semplice per raccogliere consenso tra chi ha mille ragioni per sentirsi marginalizzato, fornire un bersaglio su cui scatenarsi e poco altro.

I fautori di quell'interdizione oggi potranno consolarsi con l'idea di esistere e di aver negato la possibilità di contrabbandarsi quale soluzione a chi è evidentemente tra le cause dei nostri problemi.


Ottimo. Rimane intatto il problema di ricostruire la sinistra, cosa di cui a mio modesto avviso a Napoli non vi è stata alcuna avvisaglia, magari andando oltre i fischi ed evitando di fornire a certi improbabili salvatori la patente di vittime.

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