venerdì 12 febbraio 2016

Paternalismo e vincolo di mandato

Il Movimento 5 Stelle ha dimostrato fin dall'inizio di avere un problema, grosso e congenito, di individuazione/selezione/arruolamento del personale politico, e la cosa non mi stupisce per nulla.

M5S è un soggetto politico che prende le mosse da una istigazione tendenzialmente forcaiola di una legittima stanchezza popolare, ed è coordinato da un signore, Grillo, che con la comunicazione ci lavora e ci ha fatto fortuna, un signore che, a dispetto di sbandierati annunci di ritiro, continua ad intervenire nella direzione strategica.

Forse non lo ricordiamo più, ma questo signore, per soprammercato, si è attribuito la facoltà
esclusiva e non negoziabile di discernere il “grano dal loglio”, e dunque di scrivere sulla sua personale lavagna chi è cattivo e chi è buono, omologando la scelta mediante l'apposizione di un brand che è, e rimane, sua proprietà privata.

Questo signore potrà anche fustigare il malcostume politico italiano, sceso invero a livelli infimi e bisognoso di una cura drastica e risolutiva, ma con la profonda sfiducia che prova, indistintamente, verso vittime e carnefici, dimostra solo di esserne un'espressione centralista e paternalistica, se va bene.

Questa ansia di controllo grilliana denuncia in pieno la dimensione fondamentalmente coercitiva e autoritaria di un modo di pensare che sul dissenso ci campa, ma che non sa gestirlo, e neanche accettarlo, sapendo unicamente manovrarlo a scopi interdittivi e rimanendo assai carente sul versante propositivo.

Senza cattivi e guasti da riparare, senza il dissenso che da questi viene alimentato, quella struttura politica e quel consenso perdono di coerenza e divengono vuoti e vani.
Alla denuncia, inoltre, non segue mai un rimedio poiché, data l'eccezionale trasversalità del consenso riscosso, non risulta possibile né conveniente far precipitare l'analisi del guasto in un provvedimento che, fatalmente, scontenterebbe metà della base elettorale.

Ecco dunque che, condannato a necessitare di un nemico e impossibilitato a costruire un'alternativa, il movimento si muove inquieto tra scivoloni mediatici, più o meno incidentali, marketing politico spregiudicato e non troppo sottile favoreggiamento dell'altrui malcostume politico, profondamente funzionale alla propria propaganda.

Il recente psicodramma di Quarto ha, una volta di più, sottolineato il carente sistema di individuazione/insediamento dei rappresentanti grilliani, tutti indistintamente autocandidatisi con credenziali raramente verificate e votati da compagini “condominiali” di elettori che, forzatamente, si sono ritrovati ad esprimersi in vece e per conto di diverse migliaia di indifferenti e renitenti alla consultazione.      Invero una non invidiabile alternativa al sistema dei candidati "nominati".

Sull'onda di quel fatto di cronaca politica è prepotentemente tornata in auge una vecchia suggestione del movimento, quella del vincolo di mandato.
Si tratta di un elemento che è ben più di una risposta contingente ad uno specifico problema, essendo piuttosto un preciso disegno strategico di ingegneria organizzativa.

Si tratta di un provvedimento sempre suggerito, ma non ancora imposto in quanto distonico rispetto alla narrazione pseudo libertaria fin qui propagandata, ma ora, nell'ora del “supremo bisogno”, si può anche rischiare di azzardarne una giustificazione di necessità ineluttabile. Come si dice, a mali estremi, estremi rimedi, e pazienza se la Costituzione dice diversamente.

Già, la Costituzione. Sarebbe il caso di ricordarsi che la Costituzione, stilata dopo una dittatura soffocante succedutasi ad un'ordinamento, quello sabaudo, costituzionale nella forma e semiassoluto nella prassi, prevede espressamente la libertà dal vincolo di mandato quale “dispositivo” di lotta preventiva a derive dittatoriali ed autoritarie.     Una cosa che, peraltro viene messa a rischio dall'impianto inverecondamente maggioritario, tanto e giustamente stigmatizzato dal Movimento, dell'immondo Italicum, con il suo portato di parlamenti dominati da maggioranze fasulle tenute in scacco da premier dalle prerogative presidenziali.

I nostri padri costituenti hanno preso decisioni con ferite ancora aperte sulla pelle, e non credo proprio che le loro determinazioni possano venir oscurate così facilmente da certi bricoleur da dopolavoro ferroviario degli assetti democratici.

Dunque il parlamentare grilliano “fellone” dovrebbe essere sottoposto al pagamento di una rilevantissima multa, e a me pare una cosa grottesca. La legge fondamentale del nostro stato non avalla questa linea d'azione, anzi garantisce espressamente chi intendesse sottrarvisi.
La cosa tra l'altro avrebbe i connotati di un patto tra privati ed io, anche se non sono un avvocato, dubito fortemente che un contratto privato possa avere più forza della Costituzione.

Rimane comunque il problema del malcostume politico e della decadenza dei costumi istituzionali, però non credo che lo si possa risolvere in questo modo, non credo lo si possa trattare efficacemente a posteriori ed esclusivamente per via pecuniaria.
Se il reprobo ha sufficiente faccia di bronzo, è corrotto quanto basta e l'occasione è abbastanza importante, è sufficiente alzare il prezzo del “salto della quaglia” per aggirare tranquillamente la “multa”, e tanti saluti ai nostri sanculotti.

Resta poi il fatto che il deputato o senatore dissenziente può essere anche una persona corretta e di specchiata onestà, che decide di votare diversamente, o cambiare schieramento, in perfetta coerenza col proprio sentire e ancor più perfetta buona fede, anche se il signore di cui sopra, il proprietario del brand con l'attività parlamentare preclusagli dalle sue stesse regole, la pensa diversamente.
Allo stato attuale delle cose è suo diritto farlo, e continuare a garantire quel diritto è fondamentale, a meno che non si desideri un parlamento “ornamentale”.

Il problema del parlamentare mercenario, prezzolato e pronto ad ogni prostituzione purché remunerativa, lo si risolve solo agendo a monte e sulla selezione del personale politico e, prima ancora sulla qualità dello scenario politico e sul grado di decadenza dell'etica comune.

Va ricostruito un ambiente morale che è stato picconato e sgretolato dal ventennio berlusconiano. Va ripristinata la facoltà, da parte dell'elettore, di indicare espressamente il candidato. Va diversamente normato il sistema di salvaguardia del parlamentare nei confronti dell'autorità giudiziaria.

Nulla, in definitiva, può supplire alla carenza di senso civico, men che meno il paternalismo populista dell'integralismo grilliano.

La nostra malattia si è sviluppata piano, non la cureremo in poco tempo e con poco sforzo.

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