venerdì 4 settembre 2015

Io non c’ero, non son stato, non son mai venuto qui.

L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato le risultanze dell'ultima campagna di raccolta del 2 x 1000 dell'imposta sul reddito che ciascun contribuente può destinare, se lo desidera, ad un partito di sua scelta.

Premetto che l'iniziativa, con buona pace di M5S che l'ha criticata, mi sembra un buon
compromesso tra un finanziamento pubblico "coatto", faraonico, opaco e corrisposto su basi alquanto criticabili, dato che venivano "rimborsati" anche partiti nel frattempo defunti, ed un finanziamento esclusivamente privato che favorisce, soprattutto in tempi di "vacche magre" come questi, principalmente chi mostra consonanza con finanziatori dotati di larga autonomia finanziaria.

Quanto sopra in linea generale ed ipotetica ovviamente, dato che al momento il panorama politico italiano è alquanto deludente e ben pochi, a mio parere, meritano il contributo di un elettorato in gran parte tradito e marginalizzato, anche se poi il 2 x 1000 dell'imposta raccolta viene comunque destinato ai partiti, che l'elettore indichi, o meno, una scelta.   Ciò viene fatto ripartendo la somma, non finalizzata, proporzionalmente alle indicazioni espresse positivamente dai contribuenti. 

C'è chi ritiene questo ultimo aspetto né più né meno che una truffa, dato che il suo desiderio sarebbe di non destinare neanche un centesimo ad alcun partito, ma questo presenta alcune controindicazioni non immediatamente rilevabili e che necessitano, per essere riconosciute, di astrarsi dalla situazione che subiamo e fingere di vivere in una democrazia sana e dai processi non bloccati.     Una cosa ardua da figurarsi, date le condizioni, ma vi sono fattispecie, quali la legge elettorale e il tipo e le modalità di finanziamento dei partiti, che dovrebbero essere progettati non in funzione dell'attualità, bensì dei principii  fondanti dei processi funzionali democratici della nazione e della loro salvaguardia.

L'antipolitica e l'astensionismo vengono visti da alcuni, da molti in verità, come elementi consolidati e strutturali, però non è così, non è vero e non è giusto.  Quei due elementi sono una patologia, un'affezione della quale dovremmo liberarci, dalla quale affrancarci per recuperare un ruolo del quale siamo stati privati, anzi scippati, dato il modo nel quale ciò è avvenuto.

Spesso ci dicono che la bassa affluenza alle urne è una caratteristica delle società occidentali "più avanzate", ma avanzate in cosa, di grazia?  Nell'esautoramento del volere popolare principalmente.    Gli USA, che portano avanti grandi interessi particolari spacciandoli quali interessi nazionali (ciò che giova a General Motors giova all'America, sentenziava McNamara, il Ministro della Difesa di JFK), sono una delle nazioni "avanzate" con uno dei più bassi tassi di partecipazione alle tornate elettorali.

Sono anche nazioni dove gruppi sociali ben definiti, che a quelle elezioni vorrebbero partecipare, vengono tenuti lontani dalle urne con escamotage amministrativi (vedi la Florida di Jeb Bush che escluse gran parte della popolazione di colore la quale, votando, avrebbe messo in discussione l'elezione a Presidente del fratello George W).

La ragione principale per la quale siamo così delusi e schifati dei nostri partiti deriva innanzitutto dalla nostra storica propensione ad affidarci a "chiese", laiche o confessionali, e/o ad "uomini della provvidenza" più o meno efficaci e credibili, ma senza mai rivendicare le nostre prerogative di cellule fondamentali del gioco democratico.

Si votava DC o PCI per partito preso, appunto, e si sosteneva la scelta, anche in presenza di contraddizioni, talvolta vistose, perché ciò significava interdire efficacemente il nemico.     Poi, venuta meno la pregiudiziale anticomunista, e ben avviata la deriva socialdemocratica del PCI, si votava, un pochino smarriti, principalmente per antica abitudine, ma una volta espresso il voto nessuno si prendeva la briga di chiedere conto e ragione delle strategie del partito prescelto, e questo ultimo spesso soffocava il dissenso postulando fantasiose "quinte colonne", un metodo che Renzi ha portato a perfetta maturazione tra l'altro.

Altro elemento patogeno è stata la propensione a favorire chi prometteva scorciatoie, o favori, o esenzioni e punire chi, invece, postulava certe scomode, ma coerenti pratiche.
La DC che gonfiava gli organici dell'impiego pubblico, il PSI che "prezzava" gli appalti e garantiva corsie preferenziali, il PCI che, localmente e nelle proprie roccaforti, a un certo punto ha cominciato a comportarsi allo stesso modo, ma con minor chiasso.  

Sempre all'insegna dell'interesse particolare si votava, con significativa variazione della particella pronominale, il partito che "mi" avrebbe favorito meglio e non quello che "ci" avrebbe favorito, ma con una certa e scomoda contropartita civica.

Poi emerse dalle nebbie dell'hinterland milanese quel tal Cavalier Silvio, prodotto emblematico delle contiguità e sinergia tra imprenditoria e politica, che mise la pietra tombale su qualsiasi attitudine al civismo, coprendo sistematicamente di ridicolo chi cercava di attenervisi e delegittimandolo con interessate e mistificanti narrazioni.

Cominciò allora, con la trionfante creatura politica di Berlusconi, mai abbastanza e coerentemente fronteggiata dai "prodotti" decaduti e decadenti del fu PCI, il lungo cammino che ha portato a sistemi elettorali che non tengono in alcun conto le indicazioni del corpo elettorale e, alla fine, anche alla sospensione della sua consultazione, proponendo a ciclo continuo primi ministri opzionati da una Presidenza che da garante della costituzione è divenuta agente di interessi finanziari sovranazionali, mentre il Parlamento ospita compagini mutate, in senso teratogeno, e ben lontane dai percorsi prospettati in sede elettorale.

Dunque non esprimere una scelta esplicita riguardo il 2x1000 non è diverso dal non andare a votare e dalla rinuncia a contestare, pubblicamente, ma soprattutto nelle sedi dei partiti, i programmi politici che non ci aggradano.

La politica procede autonoma e alla faccia nostra perché abbiamo a suo tempo rinunciato a controllarla, limitandoci a chiacchiere da bar e invettive da coda alle Poste.


Ora che ci sarebbe da faticare per riprenderne il controllo non sappiamo più come farlo, oppure siamo stati messi in condizioni così precarie da farci divenire dei veri e propri sudditi.
Dimentichi dei nostri diritti, abbiamo rinunciato a rivendicarli, dunque non ci sentiamo legati ad alcun dovere.    Si sopravvive meglio che si può e chi ne ha la possibilità e lo stomaco, spesso, si accoccola tra le gambe del potente, in attesa delle briciole che cadranno dal suo desco.

Ci piace assai identificare nei partiti e nella classe politica l'origine dei nostri guai, la fonte della nostra disgrazia, ma se questa politica è parassitaria e autoreferenziale, ed è indubitabilmente tale, lo è in primo luogo per colpa nostra.

Si potrà obiettare che molti di loro occupano la loro poltrona ministeriale, o scranno parlamentare, in virtù di un sistema che affida alle segreterie dei partiti la selezione del personale politico, e anche se ciò è vero, lo è ora, ma i politici che hanno messo in opera questo sistema ademocratico sono venuti prima e ce li abbiamo messi noi nelle condizioni di operare, mantenendoli in sella per un ventennio, a dispetto della sempre crescente evidenza del muro contro il quale saremmo andati a sbattere.

Quindi sì, certo, "vi dovete dimettere, tutti a casa", come molti post su FB dichiarano mentre presentano le nefandezze dei nostri politici, ma pochi si prendono la responsabilità di aver contribuito a creare le condizioni di questo sfascio.

Eppure certe formazioni realizzavano importanti risultati elettorali.  Tutti spariti? 
Nessuno che chiede scusa o mostra di aver capito l'errore e di sapere come ovviare?  No, certo.

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