sabato 16 maggio 2015

Il passaggio da membro della comunità a consumatore. Un processo patologico.


Passeggiando per Facebook mi imbatto in questa asserzione, un pochino trasandata formalmente, a mio parere indimostrata e proditoriamente assertiva:

"neoliberismo, in realtà non significa un granché. è come dare colpa del nulla ad un fatto................... Colpa del neoliberismo".
Ma il neoliberismo non è un mero fatto o un incidente di percorso, è un sistema preciso con regole, campi di applicazione, presupposti e conseguenze.   Lo si può dunque giudicare e, se del caso, ed è il caso secondo me, addebitargli colpe.


Il neoliberismo, un termine sul cui significato la letteratura economica non ha ancora raggiunto un'accettabile concordanza, è la forma acuta di quella "malattia" che è il liberismo, un costrutto economico, filosofico e sociale che prende le mosse in un momento nel quale esistono ancora frontiere da aprire e mercati vergini da sfruttare.   



Il modello liberista non è quello sostenibile dell'agricoltore, che ara, semina e raccoglie, ben conscio di trovarsi in un ciclo ripetibile, ma solo a patto di non stressare le risorse.   E' lo stato mentale del raider che scende nella valle, asporta l'asportabile, consuma sul posto quello che riesce a consumare e distrugge tutto il resto, per poi passare nella valle di fianco.
Il ciclo economico liberista è essenzialmente entropico e miope e parte, come dicevo, dal presupposto che una volta esaurito il mercato ed emerse le contraddizioni assolutamente logiche che conseguono, basti spostarsi di lato e ricominciare da capo.

Tralasciando gli aspetti etici e di semplice giustizia sociale che quel ciclo comporta, e di cui al capitalista medio importa poco o nulla, rimane il fatto incontrovertibile che di frontiere, se si eccettuano lo spazio ed il fondo del mare, ambedue inavvicinabili per via dei costi che comporterebbe il loro sfruttamento, non ce ne sono più ed il liberismo, il cui ciclo è diventato sempre più corto e inefficiente come è sotto gli occhi di tutti, produce la sua metastasi finanziaria e dunque neoliberista.  

Finiti gli spazi vergini e maturate le attività produttive tradizionali, o divenuto marginale il reddito estraibile, fatalmente e alla ricerca di remunerazione la prima risposta è stata quella di passare al cosiddetto terziario avanzato (dal campo del tangibile a quello dell'immateriale) ed alla conseguente creazione dal nulla di ricchezza (ma non per tutti ovviamente).  

Esattamente come avviene nella dinamica quantistica, che postula la "creazione" dal vuoto di particelle, che possono sopravvivere per un tempo più o meno lungo a seconda dell'energia che prendono a prestito, la finanziarizzazione del liberismo produce sì ricchezza attuale
, ma anche il debito di chi verrà. 

Le carte di credito revolving, prendi ora e paghi dopo e a rate, insieme all'accantonamento della valutazione di un corretto merito creditizio, sono un esempio, datato e primitivo, ma pertinente, il grande buco nero dei derivati, così esoterici e tecnicamente ostici, un drammatico perfezionamento.

Il neoliberismo è a tutti gli effetti una patologia, un parassita che consuma l'ospite. Il fatto irreale e paradossale è che non ha altri ospiti da colonizzare. Morti noi morirà anche lui, il che rende il tutto ancora più assurdo.

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