martedì 18 febbraio 2014

Cronache del "dopo bomba".

Nei giorni scorsi, su Facebook, ho manifestato la speranza che il PD, alla prossima tornata elettorale, pagasse un prezzo pesante per il disprezzo dimostrato verso quella parte del suo elettorato, piuttosto consistente, che proviene dalla tradizione socialista e comunista.
Una sorta di ululato alla luna il mio, reso ancor più vano dalla consapevolezza che il popolo italiano, già resuscitatore di pregiudicati e impalmatore di novelli Peron, potrebbe pure decidere di gratificare il mentalista fiorentino di un'approvazione che mi farebbe accarezzare il proposito di dichiararmi apolide.
Sono stato immediatamente commentato da un mio amico e collega (essendo leggermente più anziano di me ha lavorato pure con mio padre) che è rientrato da qualche anno in Italia, dopo aver lungamente operato nella filiale parigina della defunta azienda per la quale lavoravamo, e che contempla il desolante quadro nel quale viviamo con ancora più straniata incredulità di quella che proviamo noi, che vi siamo sempre stati esposti.

Mi ha imputato un “grossolano errore di valutazione”, sostenendo che “quando gli italiani votano 1/3 PD, 1/3 Berlusconi et 1/3 Grillo c'è poco da stare allegri. Renzi è l'ultimo treno per Yuma”. Ancora una volta viene invocato un pragmatismo che, a mio parere, ha già dimostrato tutti i suoi limiti.
Sono stato fino a febbraio dell'anno scorso, pervicacemente e a dispetto dei campanelli d'allarme che risuonavano nella mia testa, un elettore del PD poiché in sostanza ritenevo che quel partito fosse l'unica possibile carta da giocare, anche se ero ben conscio della deriva "centrista" che minacciava di travolgerlo.
Dopo il voto del febbraio 2012, i maneggi di Napolitano e l'imposizione di un governo di larghe intese (alla faccia dell'elettorato PD che era contrario) non ho potuto che prendere atto del successo delle manovre egemoniche della componente postdemocristiana, della marginalizzazione della "cosca perdente" postcomunista e del prevalere delle ragioni mitteleuropee nel trattamento della crisi.
Mi sono allora chiesto: alla luce del supremo disprezzo dimostrato nei confronti dell'elettorato, del prolungamento del bacio della morte con il centrodestra e delle politiche economiche fallimentari perduranti, ha senso che io continui a prendere il PD come riferimento? E mi sono risposto che no, che sarebbe stato assurdo e contraddittorio, e questa risposta me la sono data molto prima che Renzi facesse ori, carte e primiera, come è recentemente accaduto.
Il mio amico sostiene che Renzi è l'unico che può sparigliare le carte. Forse, e forse no, ma se anche ci riuscisse credo proprio che i "rimedi" che potrebbe confezionarci non riuscirei proprio a digerirli.
In fin dei conti non posso dimenticare che a suo tempo manifestò il suo gradimento per quel detestabile individuo che dirige la defunta FIAT, salvo poi ritirarlo, senza vergogna e senza spiegazioni, non appena quell'endorsement divenne imbarazzante, per non parlare del senatore Ichino e della sua, per me, discutibile visione dello statuto dei lavoratori, altra incondizionata approvazione che il nostro ha poi opportunamente “sfumato”.
Il buon Matteo, come Berlusconi e Grillo, dice quello che gli serve, quando gli serve e senza preoccuparsi di smentirlo il giorno dopo, se la cosa gli fa gioco. Dove sarebbe la boccata d'aria fresca? Ci tirerà solo pacchi ben confezionati ed io ho esaurito la mia sopportazione e non ho più illusioni da coltivare.
Renzi non è responsabile dei tentennamenti e della pratica tatticista suicida della componente PCI (che ha fatto praticamente harakiri) ma si è limitato a trarne le opportune e per lui vantaggiose conseguenze.
Io non ho nessuna fiducia nella sua capacità di interpretare un piano di ripresa che abbia un respiro strategico. Come tutti i politici italiani (tranne Prodi che sarà pure una mortadella, ma che è l'unico che ho sentito parlare di prospettive ventennali) Renzi si limita a guardare la linea dell'orizzonte. E siccome i nostri politici non sono dei giganti il loro orizzonte è di conseguenza piuttosto vicino.
La furbizia da venditore "porta a porta", che conduce il buon Matteo ad esternazioni presuntamente ispirate (da Baricco?) e le ricette economiche suggeritegli da Davide Serra (il titolare di un hedge fund, figuriamoci) non potranno che condurci verso un'assetto neoliberista in salsa parrocchiale, e a me la cosa ripugna e non interessa.
Eccoci dunque alla domanda finale, che tutti ci poniamo: che fare? Pare che quasi tutti, tranne i renziani, rispondano "non lo so". Una risposta come questa denuncia tutta la drammaticità del momento.
Personalmente è la prima volta che mi trovo in questa situazione. In passato mi sono sempre trovato a condividere un progetto con qualcuno, magari minoritario e massimalista, come nella mia gioventù, oppure con un po' di pragmatico opportunismo, come negli ultimi anni di consonanza col PD, ma è la prima volta che non so dove sbattere la testa, e mai come ora l'offerta politica mi è apparsa cialtrona ed impraticabile. E' la prima volta in vita mia, e i prossimi che faccio sono i 60 anni, che non coltivo alcuna fiduciosa speranza e la cosa mi riempie di rabbia.
Votare PD non avrebbe alcun senso per me. Avevo pensato di optare per SEL, che da quando si è costituita ha rappresentato più adeguatamente il mio pensiero, e che ho colpevolmente tradito per rafforzare il "più grande partito dell'opposizione" (essere troppo furbi non è mai una buona idea), ma l'invereconda telefonata di Vendola con il dirigente ILVA mi ha molto raffreddato, e la recente emersione di una componente tatticista (Gennaro Migliore) durante il loro congresso mi ha ancor più scoraggiato.
Ci sarebbe la "coagulazione" dei vari pezzi e pezzettini della sinistra attorno alla lista per Tsipras, sulla quale alla fine ho puntato, ma è una creatura fragile ed il suo percorso è difficile e molto lungo.
Per come la vedo io i vari pezzi di sinistra ancora inglobati dentro il PD, sto parlando del personale politico e non di elettori, contano come il due di picche e non hanno alcuna speranza di incidere sul futuro di quel partito. Se rimangono al suo interno sono masochisti e si assumono la responsabilità di avallarne le scelte centriste.
Uscendone non combineranno forse, e sul momento, poi 'sto granché, ma potrebbe essere importante per una futura ripresa della sinistra in questo paese. Al minimo sarebbe una scelta di chiarezza, e di conseguenza un gran bel cambiamento.
Il PD, alle prossime elezioni potrà o affrontare un tracollo elettorale, pagando il prezzo di tutte le ipocrisie praticate, oppure cavarsela ancora una volta.
In questo ultimo caso vorrà dire che la connotazione del suo elettorato è molto variata e che si è di molto spostata verso il centro, magari pigliandosi anche un pezzetto di transfughi del centro destra.
Comunque vada, un disastro.


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